(Il Ghirlandaio) Roma, 14 dic. - Sono ore decisive per il futuro di Telecom Italia e del suo team dirigenziale. Martedi' 15 si riunirà l'assemblea straordinaria per decidere la conversione delle azioni di risparmio in ordinarie nell'ambito di un'operazione da 7 miliardi che diluirà del 30% gli attuali soci del gruppo. Difficile dire se la proposta di trasformazione dei titoli, attesa da vent'anni, passerà. La mozione, decisa a sorpresa dal consiglio di amministrazione dello scorso 5 novembre, ha infatti dato il via alle grandi manovre fra i soci che dovranno anche deliberare sull'ipotesi di allargamento del board proposta dal socio francese Vivendi. Da Parigi, la società presieduta da Vincent Bolloré, ha già fatto sapere che si asterrà dal voto sulla mozione della conversione delle risparmio.
Detta in altri termini, il gruppo d'Oltralpe farà pesare il suo 20% riducendo le chances che l'operazione vada a buon fine. Il gruppo francese, del resto, ha spiegato chiaramente di non essere convinto delle condizioni proposte per la conversione soprattutto perchè gli azionisti ordinari sarebbero “significativamente diluiti”. Senza contare che la scelta di presentare in assemblea una simile operazione dovrebbe essere presa da “un consiglio che rappresenti al meglio l’azionariato attuale di Telecom Italia”. Attualmente Vivendi non ha rappresentati nel board dell'ex monopolista e non ha quindi potuto opporsi in cda alla proposta di conversione che ha suscitato un certo disappunto nei francesi. L'operazione infatti non solo diluirebbe il peso di Vivendi, ma ridimensionerebbe inevitabilmente anche le sue ambizioni ad entrare in forze nel consiglio dell'ex monopolista. Il gruppo guidato da Vincent Bolloré vorrebbe, infatti, poter avere subito quattro posti nel board del gruppo. Lo ha ufficializzato con un'integrazione dell'ordine del giorno dell'assemblea del 15 domandando all'assemblea l'allargamento del consiglio con quattro nomi di suo gradimento.
La proposta, pero', non è piaciuta ai fondi americani che Patuano ha recentemente incontrato per riproporre il modello public company. Bolloré pero' non ha alcuna intenzione di restare sull'uscio. Non lo ha mai fatto in passato come testimoniano i casi delle controllate Havas e Vivendi che l'imprenditore francese ha prima scalato e poi dominato con la sua visione di impresa. Tuttavia Telecom è un caso delicato per diverse ragioni. Innanzitutto perché il tema è una società straniera e il suo futuro è politicamente rilevante per il premier Matteo Renzi, che vorrebbe veder decollare gli investimenti nella banda ultralarga. Possibilmente con il contributo dell'ex monopolista che detiene la proprietà della rete in rame. E poi anche perché nella partita, già complessa a causa dei debiti di Telecom, ha fatto recentemente capolino anche un altro francese: l'imprenditore Xavier Niel, che è il proprietario di Iliad, società di telecomunicazioni concorrente di Orange, ex monopolista e pretendente Telecom. Non è ancora chiaro se nella partita italiana Bolloré e Niel agiscano ognuno per conto proprio o siano in combutta come sostiene l'Asati, l'associazione dei piccoli azionisti Telecom.
Sulla faccenda sta indagando la Consob che se dovesse rilevare il concerto fra i due soci francesi, decreterà l'obbligo di una costosa offerta pubblica d'acquisto.
La situazione dell'azionariato dell'ex monopolista è insomma decisamente fluida. Ma per il presidente Giuseppe Recchi non è in discussione la formula della public company né il piano industriale della società. Eppure, nonostante le rassicurazioni del management, sembra davvero difficile immaginare che, dopo l'assemblea, Telecom Italia resti ancora la stessa. |
.jpg){kind=logo}
